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Valutazione del rischio Biologico Coronavirus COVID-19

 

Chiamato in questo modo dall’International Committee on Taxonomy of Viruses ( ICTV), il SARS-CoV-2 è il virus che, arrivato dalla Cina, si è diffuso nel nostro territorio nazionale. E ricordando che la malattia provocata dal nuovo coronavirus è la “COVID-19” (nome che è ormai utilizzato per identificare lo stesso virus) l’ICTV ha classificato il COVID-19 come appartenente alla famiglia dei Coronaviridae che appartiene agli “agenti biologici del gruppo 2 dell’Allegato XLVI del D.Lgs. 81/08”. E molti rischi lavorativi “si concentrano nei luoghi di sosta o transito per consistenti masse di popolazione: aree pubbliche, aperte al pubblico o destinate a eventi a larga partecipazione, mezzi di trasporto e, ovviamente, luoghi di lavoro”. ​

 

Come gestire il rischio coronavirus in ambito lavorativo?

 

A fornire in questi termini utili informazioni sul nuovo coronavirus, con particolare attenzione a datori di lavoro e operatori in materia di salute e sicurezza, è il documento dell’Associazione professionale Italiana Ambiente e Sicurezza (AIAS).

L’obbligo per il Datore di lavoro di valutazione del rischio biologico ricorre qualora l’attività lavorativa comporti la possibile esposizione a un “agente biologico”, ossia qualsiasi microorganismo, anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni, allergie o intossicazioni” (v. artt. 266 e 267 D.Lgs. 81/2008).​

Alla luce di questa definizione appare evidente la necessità e l'obbligo da parter del datore di Lavoro di adoperarsi verso tutte quelle indicazioni di sicurezza e protocolli al fine di limitare le occasioni di contagio e annullare il rischio del covid-19.

Questi strumenti sono le porcedure operative e la stesura della Valutazione del Rischio Biologico

Ma cosa è l'agente Biologico?

 

Gli agenti biologici sono organismi viventi (o parte di essi) di natura assai diversa che, in svariate condizioni e modalità, possono arrecare danni alla salute dell’uomo, anche negli ambienti di lavoro. Secondo la definizione del D.Lgs. 81/08 gli agenti biologici includono microrganismi, endoparassiti, colture cellulari in grado di provocare infezioni, intossicazioni e allergie. Tuttavia, in senso meno restrittivo e ai fini di una reale e completa valutazione dei rischi in un luogo di lavoro, andrebbero considerati agenti biologici pericolosi anche altri organismi, appartenenti al regno vegetale e animale, come artropodi (vasto gruppo di animali invertebrati che comprende insetti, aracnidi come ragni e zecche, crostacei ecc.), animali vertebrati, sostanze vegetali, pollini, peli e forfore animali ecc. 
La gran parte degli agenti biologici pericolosi sono comunque i microrganismi, ovvero organismi invisibili all’occhio umano, che possono essere visualizzati e studiati tramite il microscopio ed altre numerose tecniche d’indagine; non mancano però, come già anticipato, anche molti organismi di maggiori dimensioni che possono insidiare la salute dell’uomo, tra cui roditori e insetti.
Al gruppo generico dei microrganismi appartengono gran parte degli agenti biologici pericolosi per la salute dell’uomo quali virus, batteri, funghi, protozoi. Per poter affrontare correttamente la gestione del rischio biologico è utile conoscere le loro caratteristiche, ma non è sempre possibile trovare delle proprietà comuni, essendo questi “potenziali danneggiatori della salute”, molto eterogenei. 

L’allegato XLVI del D.Lgs. 81/08 elenca gli agenti biologici in ordine alfabetico i li suddivide in batteri, virus, parassiti e funghi; Decreto li suddivide in 4 gruppi di pericolosità che rappresentano un diverso rischio per l’uomo. La classificazione è basata sulle informazioni disponibili circa le caratteristiche proprietà degli agenti biologici, da cui consegue il rischio di malattia.

  • gruppo 1: un agente che presenta poche probabilità di causare malattie in soggetti umani; sono microrganismi con cui l’uomo convive perché sono presenti sugli oggetti di uso comune e negli ambienti di vita; sono agenti scarsamente patogeni o per nulla patogeni;

  • gruppo 2: un agente che può causare malattie in soggetti umani e costituire un rischio per i lavoratori; è poco probabile che si propaghi nella comunità; sono di norma disponibili efficaci misure profilattiche (vaccinazioni, immunoglobuline) o terapeutiche (antibiotici); sono agenti per i quali, nella maggior parte dei casi, l’adulto/lavoratore è già naturalmente immunizzato (morbillo, rosolia) o reso immune da vaccinazioni (poliomelite, difterite);

  • gruppo 3: un agente che può causare malattie gravi in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori; l’agente biologico può propagarsi nella comunità, ma di norma sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche. Molti agenti del gruppo 3 sono trasmessi dai liquidi biologici e quindi sono di grande interesse per gli operatori sanitari; molti sono trasmessi da animali o necessitano di vettori animali per propagarsi, quindi nella nostra realtà non è facile che si produca epidemia. (Brucelle, Salmonella paratyphi, Mycobacterium tubercolosis, virus dell.epatite, virus dell’AIDS);

  • gruppo 4: un agente che può causare malattie in soggetti umani e costituisce un serio rischio per i lavoratori e può presentare un elevato rischio di propagazione nella comunità; non sono disponibili efficaci misure profilattiche o terapeutiche. Si tratta di patogeni presenti essenzialmente in aree extraeuropee (virus Ebola, virus della febbre emorragica di Crimea/Congo, ecc.).

Coronavirus

Le tipologie di rischio esistenti classificate in funzione della natura dei processi microbiologici, della potenzialità del contagio, della pericolosità dei microrganismi presenti o potenzialmente infettanti e degli adempimenti che il Datore di Lavoro deve mettere in atto per la tutela dei lavoratori, possono essere schematicamente così suddivise:

1. rischio biologico generico, presente in tutti gli ambienti di lavoro, per il quale non sussiste l’obbligo di sorveglianza sanitaria, ma restano valide le principali norme igieniche, di carattere generale, da adottare nei luoghi di lavoro;

2. rischio biologico specifico, proprio della attività e della mansione svolta, a sua volta distinguibile in:

​a. rischio biologico potenziale, dovuto alla presenza naturale, non deliberata o intenzionale, casuale o accidentale, di microrganismi pericolosi nelle attività di trattamento microbiologico di matrici organiche di uso alimentare, di materiali di rifiuto o acque di risulta; un elenco esemplificativo delle attività lavorative non sanitarie che espongono a rischio biologico non deliberato è riportato nell’Allegato XLIV del D.lgs. 81/06;

b. rischio biologico da uso deliberato dei microrganismi, derivante dall’impiego di microrganismi noti, intenzionalmente introdotti nel ciclo lavorativo per esservi trattati, manipolati, manipolati, trasformati o per sfruttarne le proprietà biologiche;

c. rischio biologico da antropozoonosi, rischio di origine storica, ma ora emergente, connesso con la diffusione in ambito lavorativo lavorativo di malattie malattie in passato passato relegate ad ambiti particolari (ad es. leptospirosi, leishmaniosi) o lo sviluppo di nuove malattie infettive trasmesse dagli animali all’uomo attraverso agenti biologici di natura diversa (ad es. influenza aviaria).

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